Nasce il contratto a rigetto. Il dipendente firma il proprio licenziamento prima dell’assunzione.

Il diritto del lavoro contempla i suoi rovesci ed è ormai  chiaro che, più che un diritto, sarà sempre di più un dovere. Il Ministro Fornero si dà da fare in modo indefesso per risolvere il problema dell’art. 18 e sembra che si sia già incontrata diciotto volte con la leader della CGIL Susanna Camusso, che, per l’appunto, vuole evitare di arrivare a diciannove. Ma la Fornero, complice la figlia dai molteplici posti fissi, si è inventata una nuova diavoleria contrattuale, qualcosa di veramente inedito per risolvere i problemi legati alla flessibilità. Il contratto a progetto verrebbe superato da quello a rigetto, dove il lavoratore firmerà l’accordo sul proprio licenziamento in tronco prima dell’assunzione. “Ho il rigetto” avrebbe detto la stessa Camusso; “il contratto capestro della Fornero non ce l’hanno neanche in Iran”. Sul tema è intervenuto anche il segretario del PDL Alfano che, data l’imminente fine del suo partito, si sente già disoccupato. “La Fornero sforna ciambelle senza il buco. Invece di occuparsi di contratti pensi a chi , come me, il contratto non lo vedrà mai”. Bersani, citando Rousseau, lancia l’idea del contratto sociale, una sorta di editto per dare di più a chi ha di meno senza dare meno a chi ha di più. Qualcuno, nell’elogiare la sua pazzia,  gli ha consigliato di leggersi l’Utopia di Tommaso Moro. Ma il contratto a rigetto non uscirà dall’alveo delle proposte sulla carta, anche se è proprio sulla carta che si scrivono i contratti. Claudio Abbado dice che per cambiare musica ci vorrebbe un contratto a minuetto, mentre Muti propenderebbe per l’allegro maestoso. Ma si sa, le cose in Italia sono molto lente e noi diciamo: avanti adagio.

Immagine di Sean Mc Entee tratta da www.flickr.com