C’era una volta una vecchia legge sull’ambiente. Tutti gli schieramenti politici consideravano la legge in ritardo rispetto ai cambiamenti climatici, cosi’ decisero di disegnare una vera e propria riforma per vincere la grande sfida della siccita’.
In Parlamento furono organizzate numerose audizioni e un bel giorno qualcuno ebbe la brillante idea di chiamare a riferire dei vecchi indiani metropolitani per saperne di piu’ sulle danze della pioggia. Questi per l’appunto non erano indiani d’America ma simil-indiani residenti nelle case occupate in periferia. A loro la pioggia faceva solo paura poiche’ con le precipitazioni le mura dei loro sordidi appartamenti si infiltravano d’acqua.
Alla Camera furono allora chiamati dei veri indiani Sioux e Navajos, con tanto di seguito di graziose Squaw e purosangue. Loro avrebbero indicato la strada per far piovere ai parlamentari visi pallidi e squallidi.
Rimasero un mese e piu’ a spese dei cittadini e quel mese coincise con una ripresa intensa delle pioggie. Poi venne la neve , gli aeroporti furono chiusi e gli indiani, per passare il tempo, fumarono il calumeth della pace con i nostri onorevoli, che erano ben contenti di aver scavallato il problema siccita’ grazie ad un oscuro rituale.
Finalmente torno’ il sereno e la delegazione di pellerossa fu accompagnata in aeroporto dal Presidente del Senato in persona, da loro soprannominato Scalpo Supremo.
Si torno’ a discutere della legge alle soglie della primavera. Le norme prevedevano corsi di formazione regionali per insegnare agli operatori ecologici le danze della pioggia. Ma anche su questo il Parlamento era diviso. Mentre il centrosinistra propendeva per il metodo Sioux, la Destra aveva adottato la danza dei Navajos.
Cosi’ nelle commissioni competenti ciascuno scimmiottava a modo suo i pellerossa in versioni edulcorate dalla tarantella o nobilitate da passi di valzer. Il fatto era che non pioveva piu’ e nemmeno gli antropologi che studiavano gli indiani nativi potevano essere d’aiuto.
Cosi’ furono richiamati i pellerossa per essere ripresi dalle telecamere nella precisa sequenza del rito. Si doveva decidere qual era la danza che avrebbe garantito piu’ acqua; quella e solo quella sarebbe stata adottata nei protocolli previsti dalla legge. I Sioux e i Navajos si esibirono a ripetizione in un numero infinito di varianti. Il dibattito ando’ avanti per giorni e giorni, mentre fuori aveva ricominciato a piovere a dirotto.
Le danze della pioggia furono oggetto di una nuova stagione ideologica. Secondo la Destra quelle dei Sioux erano comuniste perche’ loro avevano sterminato il generale Custer e le sue truppe a Little Big Horn. Il centrosinistra invece tuonava contro i Navajos, che a loro parere erano in combutta con i peggiori speculatori di Wall Street. Intanto nel Paese non smetteva di piovere; l’effetto domino delle danze riversava le sue masse d’acqua nelle grandi metropoli, nelle campagne e perfino sui passi montani invalicabili. L’innalzamento delle acque marine provoco’ alluvioni, frane, smottamenti ed un numero imprecisato di tsunami; la discussione in Parlamento fu allora interrotta.
I capi di Sioux e Navajos furono nominati senatori a vita; fu l’unico modo di fermarli perche’ non smettevano piu’ di volteggiare fra un trionfo di piume e lanci di Tomahawk. Qualcuno allora invoco’ il Mose’ biblico, ma non ci fu traccia di segni divini. Il Paese allora si rimbocco’ le maniche e tutti gli uomini di buona volonta’ che, malgrado i politici, non erano pochi, procedettero alla lenta e faticosa ricostruzione.