Veltroni fa i versi delle elezioni. “Fui sindaco amato / Mai piu’ lo saro'”

Walter e’ nostalgico e queste elezioni sono la sua Musa ispiratrice. Lui che fu sindaco di Roma scrive adesso ma anche, perche’ no, dopo:

Fui sindaco amato
e anche no
pur sempre eletto
nessuno mai
lesse i miei libri
che scrissi col sangue
e anche no
a Pisapia dico si
Letizia anche
puo’ vincere ancora
che’ Nichi e’ regista
volevo esserlo io
ma la politica
e’ un brutto film
drammatico
e anche un horror
horror vacui
e fantascienza
mi attende nel sole
di Roma
fui sindaco di tutti
e anche di nessuno
ora solo fra rovine
ma il PD non e’ il Foro
rischia il buco
voragine profonda
di creste e bond
vorrei esser Premier
e anche no
che’ nessuno mi vuole
queste elezioni
gia’ vissute e vinte
e anche perse
non esiste pareggio
per citta’ immense
di disparita’
e fui sindaco
mai piu’ lo saro’
meglio fare un gesto
come Mandrake
sparire per non morire
sognare forse
essere
e anche no.

Il corsivo di Lello Ballista: “Sono un misscredente dunque amo le Miss di Arcore”

Ecco Lello Ballista ma non è lui

Sono Lello, di professione ballista che mi pagano pure per leggere le mie scemenze, come se il sole non sorgesse né tramontasse ogni giorno e il medico si levasse finalmente di torno. Lo sapete che mai morirò quindi rassegnatevi al fatto che i posteri dovranno continuare a scorrere le mie righe che vorrei scrivere ritorte e ricurve perché concavo e convesso è il mio intelletto a seconda di dove è posizionato lo strumento di indagine clinica. Io non credo a nulla ed è per questo che mi piace raccontare storie, come quella di Fini che ha una casa a Catalafimi o quella di La Russa che si è beccato l’influenza russa lasciando quella suina a Ferrara o un po’ a tutti i politici prosciuttoni. Oggi mi sposo ma in comune cioé con qualcuno ma non in Chiesa perché sono credente e al tempo stesso misscredente ovvero credo nelle Miss di Arcore, quelle dalle gambe affusolate, geneticamente concepite per ancheggiare ed essere palpate con aggressiva dolcezza. Sono andato a casa di Silvio e c’era Mora poi Moric e il generale Mori, quello sotto processo, e pure Claudia Mori che c’ha quel marito che sul Cavaliere vive qualche prurito. Domani vado a Lampedusa e attendo sulla spiaggia, prendo il sole alla faccia di tutti poi canto la Cavalleria Rusticana e vado a pranzo con Lola fidanzata di Otello, anche se mi dicono che è un’altra opera. Ho parlato con Giuseppe Verdi, lui era Senatore, e gli ho chiesto un emendamento sul Fondo Unico dello Spettacolo, ma ci penserà il maestro Muti mentre noi riverseremo le nostre note tutte col bemolle sul Presidente della Repubblica perché difenda la nostra Italia. E poi chiamo Di Pietro per insegnargli qualche scioglilingua perché lui è la capra che campa anche sotto la panca e mi  fa tanto ridere. Ho anche parlato con Nanni Moretti del suo nuovo film sul Papa depresso, come se fosse una novità che Benedetto XVI è più triste di Benedetto Della Vedova, con cui ho dialogato di recente che anche lui forse vuole lasciare Fini e glielo dirà proprio a casa sua a Catalafimi che manco so dov’è e a casa non ho l’atlante dunque me lo vado a vedere su Internet se Dio ha deciso di far funzionare il WI-FI o sono nei guai.

Haiku inediti fra Berlusconi e Gheddafi. “Tu sei il rais e io penso al sess”

Gheddafi: "Col mio dromedario vado alla D'Addario"

Tempografico viene in possesso di haiku indediti scambiati fra Silvio Berlusconi e Gheddafi e pubblica prontamente

Berlusconi

Muhammar vai al mar

laggiù non restar

di guai sei in un mar

Gheddafi

Tu e Vladimir

prego interloquir

col nostro  Barack

Berlusconi

Obama è una frana

la moglie cafona

non so chi lo chiama

Gheddafi

Conosce la Mecca

L’ho visto in ginocchio

Michelle è il malocchio

Berlusconi

Soccombi a Bengasi

Non c’è più futuro

Ti mettono al muro

Gheddafi

Prepara la stanza

A Villa Certosa

E quella ragazza che odora di rosa

Berlusconi

Tu fai il rais

E io penso al sess

Domare lo stress

Gheddafi

Arrivo domani

Sul mio dromedario

Dov’è la D’Addario?

Immagine di  ffleiffel   http://www.flickr.com/photos/ffleifel/816416973/

Napolitano fa il verso al Presidente del Consiglio. E ammette: “Sono comunista ma tu sei casinista”

Fratelli d'Italia temono nuove tasse federali

Il capo dello Stato Giorgio Napolitano si è rivolto oggi ufficialmente al Presidente del Consiglio con una missiva in versi. E’ la prima volta che si assiste ad uno strappo istituzionale di questo tipo poiché mai e poi mai la poesia era entrata a far parte delle relazioni istituzionali. Con questo atto Napolitano ha voluto sottolineare la profonda irritualità dell’attuale momento politico, richiamando il Premier ad un contegno quanto mai più consono alle prerogative della nazione.

Tempografico pubblica il testo del messaggio dal Colle

Sono Giorgio che dal Colle

Tu ritieni decollato

E se il drago non è molle

Esso è già decapitato

Tu mi scambi per Giovanni

Quello un pò fuori di testa

E continui a fare danni

Porti le ragazze in festa

Ma stavolta te lo dico

Tu l’hai fatta proprio grossa

Non hai proprio tu capito

Che il decreto è nella fossa

Questo bel federalismo

Devi fare in Parlamento

Non portare al parossismo

Della gente lo scontento

E rifletti sulle tasse

Che volevi diminuire

Predicavi tu alle masse

Ora non vuoi più sentire

Se dai ai sindaci il potere

Loro sanno cosa fare

Ma la gente vuol sapere

Prima di dover pagare

O mio caro Presidente

Stai cadendo in uno stagno

Eppur brilla la tua mente

Quando parli di guadagno

Chi c’hai intorno orsù respingi

Alle porte c’è il nemico

Presidente te lo dico

Devi spremer le meningi

Quella Lega di Governo

Vuol vederti scomparire

Vuole fare te morire

Il Ministro dell’Interno

Dunque sali al Quirinale

Perchè io sono comunista

Ma tu sei un casinista

E il decreto poi non vale.




Haiku hardcore ad Arcore. E le veline si laureano poetesse

Tempografico ha ricevuto in forma anonima gli haiku delle ragazze coinvolte da Lele Mora ed Emilio Fede nei festini ad Arcore di Silvio Berlusconi. E’ nostro dovere pubblicare questi testi che sono rivelatori forse piu’ delle intercettazioni

Scoperto il seno
Ballai fra satiri vogliosi
Ma il Cavaliere era inesistente

E’ l’ora del bunga bunga
Sono stanca dei tacchi
Ora che non ho piu’ indumenti

Lele mi osservava
E mi spingeva Emilio
Fra le spire sulfuree di Silvio

Sono trascorse tre ore
Dal ballo non si e’ capito
Chi papi portera’ all’alcova

Son giovane ma rotta
Nel vendere il corpo ai vecchi
Pero’ ripugna quel lezzo di morte

Lo giuro gli occhi miei grandi
Egli scruto’ con cura
Poi mi prese e fini’ la poesia

Ad ora tarda spento
E’ il desiderio
Che a quell’eta’ rimane tale

Pensavo alla Minetti cantante
Quella cieca con la voce d’angelo
Ma questa l’ha inviata il demonio

Con questa notte brava
Paghero’ le cambiali di mamma
Mai e poi mai dovra’ saperlo

Dietro ognuna di noi una storia
I corpi poi si confondono
Per esser solo carne da macello

Haiku della fiducia parte terza. “Sono Santanche’/Se salvo sara’ Silvio/Sapro’ che sono santa

Sono Santanche’
Se salvo sara’ Silvio
Sapro’ che sono santa

Della Vedova son
Finiano dell’ultima ora
Non l’ultima sia per Benedetto

Mi chiamano Cicchitto
Capo son di questo gruppo
Di succubi per trenta denari

Son Letta dell’opposizione
Solo sapessi cosa sia
Disse zelante lo zio

Brunetta son
Risveglio  il Premier
E lo salvo nel mio piccolo

Hiaku della non crisi parte seconda. “Scadono i nove mesi/ E dovrei farlo nascere/In questa Camera di morte?”

La bandiera dell'Italia sulla torre di Bergamo. Ancora per quanto?

Dalla Camera dei Deputati nuovi haiku dei parlamentari poco prima del voto di fiducia, che ha visto il trionfo del Premier. L’Italia s’è destra.

VI. Voto per la sopravvivenza

E se  il Paese muore

Noi non vedrem tramonto

VII. La Camera e’ luogo chiuso

Ora voglio uscire  fuori

E altra aria respirar

VIII. Ho perso la scheda

E il voto mio andra’ perso

Perso come il  Governo

IX. Scadono i nove mesi

E dovrei farlo nascere

In questa Camera di morte?

X. Adoro la scheda bianca

Che immacolata e candida

Scivola nell’urna

Immagine di Esonoronte tratta da www.flickr.com

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Partono gli Haiku della crisi. “Ci chiamano peones/Ma sol pupazzi siamo/Sospesi all’albero di Natale”

Fratelli d'Italia nel giorno della crisi

E’ il giorno della fiducia e noi di tempografico vogliamo aver fiducia in un mondo migliore. E’ per questo che abbiamo deciso di pubblicare gli haiku della crisi, questi piccole perle poetiche scritte dai parlamentari su appositi pizzini ritrovati dai commessi. Questi sono i primi giunti in redazione. In giornata ne leggerete di sempre nuovi.

I. Lo scrutinio segreto

Del tradimento è l’anima

E l’arcan non svelerò

II. Votare la fiducia

Disse il capogruppo

Ma non più mio è quel gruppo

III. Ci chiamano peones

Ma sol pupazzi siamo

Sospesi all’albero di Natale

IV. Se Governo cade

Se sciolte son le Camere

Pensione e sinecura addio

V. Il discorso era alto

Ma nel baratro precipitiamo

Ché ali non ha il voto


Immagine di brtsergio tratta da www.flickr.com

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Anonimo scrive poesia sulla fiducia: “Il giorno che tu posti la fiducia… chi più ne ha più poi ne inciucia”

Il giorno della fiducia è meglio passarlo in famiglia

Tempografico ha ricevuto stamattina da un Pony Express una poesia anonima dedicata alla fiducia, tema caldo in questi giorni. Come di nostro solito riceviamo e pubblichiamo, avendo piena fiducia nel nostro pubblico che amiamo senza mozioni o fazioni.

Della fiducia infin arrivò il giorno

A Roma nell’inverno soleggiato

Pensavano di toglierlo di torno

Di liberarsi alfin di quel casato.

Nelle parole l’uom ha il suo talento

Riforme egli propon tutte d’un fiato

E quel discorso è un palpito, un portento

Il malumor è subito obliato.

“Ponete dunque l’escort nell’oblio

Voi uomini di fede e di coraggio

Se l’universo oggi è un pò più mio

E’ sol perché io sono stato saggio.

Per voi io lavorai, per il pianeta

Per le galassie e per tutte le stelle

Ho modellato come fosse creta

Quelle fanciulle che ora son più belle.

Poiché io sol trasformo e sogno e invento

E guardo a quelle cose per il bene

E non getto giammai parole al vento

Ma sempre a voi da me qualcosa viene.

Son generoso, buono, quasi santo

Non smetto mai di illuminar l’immenso

Se fino ad oggi non vi ho dato tanto

E’ sol perché c’è chi odia il mio censo.

Questa mozione orsù voi discacciate

Pel ben di tutta la Nazione

E a lavorar noi uomini lasciate

Poiché del ben sol noi abbiam nozione.

Perché  son io l’uomo del cambiamento

Provoco rabbia sempre e in ogni stanza

Se devo dire quel che proprio sento

Sono una vittima della tracotanza.

E a te che vorresti la mia morte

Il giorno che tu posti la fiducia

Ti ricordai qual fosse vera sorte

E com chi più ne ha più poi ne inciucia”.

Immagine tratta da www.flickr.com

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La mozione di sfiducia scritta in versi da Casini, Fini, Rutelli: all’Italia rimangon solo quelli.

Una bella casalinga per Berlusconi ad Arcore?Una mozione di sfiducia in forma poetica; ecco l’idea della troika Casini, Fini, Rutelli, nata per salvare il Paese dall’epifenomeno Silvio. I tre hanno concordato il testo in rima per rendere la procedura di voto molto più snella ed interessante. Saranno richiesti interventi in aula in forma di sonetto o di ode; la rapsodia sarà ammessa solo nei casi stabiliti dal nuovo Regolamento. Tempografico si è impadronito del testo della mozione e lo riproduce integralmente.

La tua ora Presidente

E’ arrivata senza indugi

Tu oramai non sei più niente

E non servono i segugi.

La nozione di sfiducia

Ti era estranea poffarbacco

Ma qui più nessuno inciucia

E non mancherà lo smacco.

Gli italiani sono stufi

Di soubrette e bunga bunga

Di festini, di tartufi

Qui non siamo nella giungla.

La mozione di sfiducia

Presentiamo immantinente

Che nessuno poi ricucia

Siamo stanchi o buona gente.

Berlusconi a casa torni

Ed inviti un pò chi vuole

Le ragazze perdigiorni

E le casalinghe sole.

Perché solo egli cammina

Egli pensa alla mozione

La sfiducia ora è vicina

E tradisce l’emozione.

 

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