I conti pubblici non interessano molto gli italiani. Eppur si muovono, strisciano, permeano l’azione di Governo e la nostra economia; creano sacche di disoccupazione, malessere sociale, rivendicazioni in ogni dove. Il vero problema è che i conti non sono davvero pubblici, pochi ne conoscono la reale entità e dubitano loro stessi della correttezza dei dati. E’ stata dunque scelta la linea dell’incomunicabilità dei conti pubblici nel duplice senso del non comunicarli e non comprenderli. Ma quanto conta capire il dato sui conti pubblici? Noi di tempografico pensiamo che conti tanto. E pensiamo anche che non è nobile nasconderli dato che la realtà prima o poi chiederà il conto, come facciamo tutti quando andiamo al ristorante; anche se presto cesseremo di andarci perché i conti non ci torneranno più. E così ricominceremo a contare, come da piccoli, un numero dopo l’altro, impadronendoci nuovamente del fare di conto come di uno strumento di conoscenza e libertà. E poi ridiventeremo incontinenti, parlando di miliardi come di bruscolini, fusaglie e olive, tentando di raggiungere quel numero lontano e impossibile, quel conto che è pubblico ma al tempo stesso ignoto e misterioso. Quel conto di tutti i conti che per davvero non fa sconti.
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