Le Fiabe di tempografico. Capitolo IV – Il Senatore che pettinava le bambole

Il Senatore che pettinava le bambole

C’era una volta un vecchio Senatore.
Era già stato capogruppo, sottosegretario, Vice Ministro e Ministro; aveva aspirato perfino alla Presidenza del Consiglio ma senza mai riuscirci…
Ora si trascinava per i banchi con indolenza; lo sapevano tutti che era ormai a fine carriera e che raramente lo avresti trovato in aula.
Preso dalla malinconia il Senatore si dava a lunghe passeggiate per la città. Una volta lo ritrovarono in una zona di periferia che si era perso e qualcuno cominciò a manifestare perplessità sui suoi orizzonti di vita futura.
Ma quella mattina il Senatore aveva bisogno di silenzio ed aria pulita. Così si fece accompagnare in macchina dall’autista in un grande parco situato a poca distanza dal centro città.
Lo passeggiava in lungo e in largo per trovare armonia, guardando con invidia gli sfaccendati praticanti di footing e le colf che portavano i bambini a giocare nella radura soleggiata.
Gli si avvicinò una bimba di 5 anni intenta a giocare con la sua bambola bionda e scarmigliata. La bambina, rivolgendosi proprio a lui, disse: “Mi aiuteresti a pettinarla?”.
Il Senatore, malgrado l’età veneranda, aveva ancora molti capelli e portava sempre con sé il suo stagionato pettine d’osso. “Ma certo, rispose; ecco guarda è semplice, basta non chiedermi di fare le treccine”.
E così aiutò la bimba nel suo intento e lei gli sorrideva perché non gli pareva vero che un vecchio come lui potesse dedicare del tempo alla sua bambola inanimata.
Qualche giorno dopo il vecchio tornò al Senato. Aveva una luce nuova negli occhi, come se all’improvviso avesse ritrovato una qualche motivazione. Prese la parola durante il question time e, nel bel mezzo della sua interrogazione al Ministro dell’Interno sulla sicurezza nei parchi pubblici, tirò fuori una bambola nuova di zecca e cominciò a pettinarle con foga i riccioli dorati.
Il Presidente della seduta richiamò il Senatore a tenere un contegno consono al momento istituzionale. La risposta fu immediata e suonò più o meno in questi termini: “Presidente sono mesi che mi dite che non faccio più nulla, che mi accusate di passare il tempo a pettinare le bambole. Ecco, vedete, volevo riconoscere che è vero; e vi dico anche che la cosa  mi rilassa e che mi sento rinascere”.
Per molti pettinare le bambole era sinonimo del dolce far nulla. Ma il Senatore non la intendeva in questo modo.
Il fatto è che in poco tempo dalle bambole passò ai suoi colleghi. Si aggirava per i corridoi presso il Transatlantico pettinando uomini e donne dell’opposizione dalle capigliature folte e vaporose.
Qualcuno disse: “Meno male che il Presidente del Consiglio è calvo, altrimenti come avremmo potuto fermarlo?”. 
Un bel giorno  ebbe termine  la legislatura e il Senatore non fu più ricandidato.
Qualcuno dice che, per non andare in pensione, si trasferì in Cina per lavorare in una grande fabbrica di giocattoli; qualcun altro racconta di averlo visto tentare di pettinare i clown al circo.
Nessuno sa in realtà dove si trovi.
Ma intanto, in Parlamento, maggioranza e opposizione continuano a pettinar bambole.