
Bobo Maroni non è solo il nostro Ministro dell’Interno. E’ un leghista della prima ora, un uomo che ha vissuto sulla propria pelle le immense pianure di mais, nebbia e prosciutto crudo. Lui, padano fulgido e cosciente del propria razza, non ne vuole sapere di essere confuso con il feroce Saladino, con tutta quell’Italia del sottosviluppo e dell’economia sommersa che fa del lassismo e delle maglie larghe il credo della propria misera esistenza. E di questa storia degli sbarchi di migranti ne ha piene le tasche, pur nel suo orgoglio confessionale vetero-cattolico che fa della tolleranza un’arma talmente potente da aver costretto la Chiesa, dopo secoli di traversie, a rinunciare alle Crociate. Ed è successo anche a lui: ha preso carta e penna e scritto al Premier una lettera breve, brevissima, proprio perché conosce la scarsa capacità di concentrazione dei despoti, di quelle persone che a malapena sanno ascoltare i propri più devoti e sciocchi accoliti. “Caro Silvio” dice nella lettera il Ministro dell’Interno; “so che nella vita hai fatto tanto e che cotanto fare ti ha portato a definire il nostro Governo come quello del fare ma non pensi che, con tutti questi barconi che assaltano la nostra costa, non dovremmo passare al Governo del mare? Voglio perfino venire incontro ai partenopei e riconoscere che questo è il Paese del mare. Sono pronto a rinunciare al pastone dei nostri maiali purché questo mare nostrum sia davvero tale e che in quanto tale si possa e debba governare”. Non si è fatta attendere la risposta del Premier, che ha dettato al fido Bonaiuti un’altrettanto breve e chiarissima missiva: “Bobo, sono già in un mare di guai; non rompere le palle anche tu o ti scateno contro il Pool di Milano. Hai capito? Grazie. Tuo Silvio”.