Stamattina mi sono alzato di buon ora; non che lo faccia di solito, ma volevo togliermi il pensiero del voto per poi magari andare in spiaggia con la chitarra a tirare su qualche euro che’ in metropolitana nessuno piu’ apprezza le mie digressioni su Bennato e Finardi. Mi reco al seggio, una scuola dalle mura lise per aver ascoltato anni di parolacce e insulti, do al Presidente di seggio il mio certificato e ritiro quelle tristi schede dai colori impalpabili. Una giovane scrutatrice dall’espressione languida mi scruta negli occhi come se nello sguardo ci fosse tutto il significato di questo voto di mera affermazione/negazione. E insistendo con lo sguardo improvvisamente mi convince: non si poteva proprio dire di no dinanzi a un cristallino tanto prodigioso. Allora mi butto a capofitto nell’urna e, solo allora, all’interno di quel loculo in legno compensato mi ricordo della mia armonica a bocca estranedola come un’arma segreta. E cosi’ inizio ad intonare una serie perfetta di canzoncine anni ’60, da “Senza fine” a “E se domani, mentre il Presidente di seggio arresta le operazioni elettorali reclamando l’intervento delle forze dell’ordine. Giungono due agenti all’apparenza nerboruti ma in realta’ ordinariamente flaccidi. Chiendendomi se mi sento bene, sento che mi sollevano di peso per portarmi al Commissariato di zona. Non so che tipo di reato mi contestano, ma non mi sequestrano l’armonica e questo per me resta un gesto magnanimo. Al contrario l’ispettore, rimasto solo con me nella stanza, mi chiede di intonargli “Anima mia” dei Cugini di Campagna.
Lo faccio con trasporto e solo in quell’istante mi ricordo che il mio voto e’ andato perduto.
Tutto per lo sguardo scrutatore di una scrutatrice.